Intervista a FattoSano “Vi presento ‘Il ballo del Grizzly'”
È uscito “Il ballo del grizzly”, l’EP del rapper torinese FattoSano. L’uscita è stata accompagnata dal singolo “Buffet”. Per capire FattoSano non bisogna prendere tutto alla lettera e tanto meno le cose per il verso giusto. A tempo di rima e di frasi ironiche che celano significati intensi, in un’epoca in cui tutti si prendono fin troppo sul serio, il rap di FattoSano è come una medicina, una cura contro le esagerazioni e le frivolezze di questo mondo.
Ciao FattoSano, presentati e raccontaci in che modo e quando sei entrato nel mondo del rap. “Il ballo del Grizzly” è il tuo EP d’esordio. Come mai questo titolo?
Ciao sono FattoSano un rapper della provincia torinese. Il termine “rapper” ad alcuni farà storcere il naso accostato al mio nome. Ho iniziato come tanti da solo in cameretta, intorno ai quindici anni, scrivendo pensieri, provando a metterli in rima. Le prime strumentali fatte da dei miei “compari di musica” (io non ero molto bravo con i programmi musicali). La prima demo “Confusion” fatta con l’amico Stefano aka RebuSkunk e la partecipazione di vari amici musicisti. Ho avuto un approccio solitario, pur lavorando con altre persone. Ho partecipato a qualche contest di freestyle (non ero molto bravo a improvvisare), ma non ho mai avuto una crew e non sono mai stato legato strettamente alla cultura Hip-Hop. Ho amici che vivono tuttora la scena torinese, tra cui Jaku Feliz Reyes, io un po’ per carattere credo, ho sempre osservato standone al di fuori. Come mai questo titolo all’EP? A causa del mio carattere leggermente introverso e taciturno, il grizzly dentro me si è innalzato e vuol far vedere a tutti come se la balla sciallo “Gasato più di Mike in Thriller…”
C’è un filo conduttore che unisce tutti i brani del disco?
Non è un concept album, però a parer mio l’insieme delle tematiche trattate possono condurre alla situazione italiana di oggi, non particolarmente rosea.
Secondo te cosa vuol dire essere un rapper?
Si cerca sempre una definizione. In una vecchia intervista a metà anni 90’, Neffa spiegò che ci sono vari tipi di rapper. Chi ha più presenza sul palcoscenico, chi ha più rime, chi è più forte nel freestyle, chi ha più concetti nei testi. Ogni rapper ha le sue qualità. L’unica cosa che accomuna tutti è sbattersi, crederci in questa roba, far valere le proprie qualità. La definizione la lascerei al pubblico, io so solo che mi ritrovo volente o nolente sempre sul foglio, attratto dalle rime.
C’è qualche aspetto della cultura Rap che non approvi?
Tutti gli aspetti di questa cultura sono stati una forma di rivalsa contro chi non era in grado di comprenderla. Ogni azione ha la sua conseguenza. Non mi sento di giudicare.
Cosa puoi dire ai ragazzi che vogliono rendere la musica un lavoro?
Di iniziare ad approcciarsi, a studiare, a divertirsi e di avere costanza, prima o poi qualcosa succede. E fate ciò che sentite, non sono un professore di rap (ride).
Quali sono gli artisti a cui ti ispiri?
Per il mix sound e rime, raga, i primi amori non si scordano mai. Articolo 31, Caparezza, rap’n roll di J-Ax, Fabri Fibra, Marracash.
Cosa ci dobbiamo aspettare per il futuro da FattoSano?
Almeno altre 100 canzoni come minimo sempre “Gasate più di Mike in Thriller…”